sabato 31 gennaio 2009

Dentro te

Resto immobile. Fermo immobile. Mi guardi, sono dentro di te. I miei occhi sono dentro di te, le mie braccia. Mi tieni caldo. Ora so che posso esistere. Lontano da tutto, avvolto nella tua pelle. Vedo il resto delle cose che si ribaltano, che si rompono. Lampi, tuoni e saette, schianti di latte, fragori e albori di guerre universali, scontri letali, ma io sono avvolto dal tuo calore. Sono perso nel tuo corpo che mi protegge. E da qui non voglio uscire. E se prima mi dicevi che tutto era sbagliato e che dentro di te non c'era niente. Ora ci sono io. E riempiremo i vuoti. Scivoleremo tra le macerie della concorrenza, tenendoci per mano. E non torneremo più in questo mondo ossessivo-compulsivo. Mi muovo appena. Sento il tuo respiro sulla guancia. E ora so che non morirò di fame. E ora so che tu non morirai di fame. Che mi farai dimenticare di come metto in fuga le buone notizie, di come non credo alla fortuna perchè non l'ho mai vista. E l'evoluzione della nostra specie si è fermata un po'. Pausa pranzo. E ora dobbiamo inventare un metodo per tornare dalla luna, per ricostruire un muro e farlo cadere dal lato giusto. Tra le coltivazioni di funghi atomici e campi di concentramento, tra i silenzi e le dittature, parleremo a bassa voce per non farci sentire. E mentre tu mi guardi i miei occhi sono chiusi. Ti bacio sul petto. E dormiamo ancora un po' prima di alzarci. Ti prego, ancora un po'.

giovedì 29 gennaio 2009

Lui disse

Disse: “I ghiacciai si scioglieranno ed evaporeranno e raccoglieremo le piogge acide nelle bacinelle dove di notte vomitiamo tutti i superalcolici, che non hanno ne mantelli ne superpoteri, ma riescono comunque a farci volare. E in quelle vaschette ci passeremo l'estate. E canteremo delle canzoni di polistirolo così da farci galleggiare nel nostro piccolo mare portatile. Nel piccolo mare acido, con il quale annaffieremo i mandarini transgenici che confonderemo con le arance. E faremo le vacanze a basso costo nelle berline di lusso parcheggiate vicino alle case popolari.” disse ancora “tu non te lo ricordi quando raccoglievamo il terreno e lo buttavamo intorno alle pozzanghere per far finta che il nostro grattacielo popolare fosse vicino ad un grande fiume. Ti ricordi? Abbiamo anche costruito un ponte. Per poter tornare a casa tua in una sera di novembre.”
Disse tutto questo con le lacrime negli occhi. Occhi poggiati in qualche cimitero per chi perde la vista. E di tutti i miei ricordi, il colore dei tuoi capelli è tutto ciò che mi dispiace di non poter più vedere. Disse: “ti ricordi quando di notte mi svegliavi per chiedermi se stessi dormendo. E ti rispondevo che avevo voglia di dormire ma che non riuscivo mai a prender sonno. Con gli occhi chiusi ti scrivevo sulle mani tutte le parole che mi venivano in mente. E avevamo sempre tutte le braccia piene di scritte. Piene di piccole verità inutili delle quali non potevamo fare a meno.” e saresti voluta essere molto più razzista di com'eri solo per farti criticare. Perchè ti rompevi i coglioni a farti dire, guardate come è brava la nostra Sara. E avresti sostenuto qualsiasi tesi assurda pur di averli tutti contro. E mi ricordo quando volevi dimostrare a tutti gli adulti che le ragazze di 13 anni possono vivere da sole e spesso sono anche in grado di sposarsi e avere figli. Mi ricordo che mi chiedevi sempre di fare un figlio con te, sino a quando poi abbiamo scoperto come si fanno i figli e allora abbiamo iniziato a tentarci sempre facendo finta di non riuscirci.”
prese un foglio e una penna e scrisse un paio di parole. Le guardò ancora per molto. Troppo tempo. Vidi il foglio, stava fingendo di vedere quelle parole. Erano più segni, sembrava, chissà, una scritta araba, magari in chissà quale lingua inconprensibile, magari aveva disegnato la grandezza dei suoi desideri su un foglio. Sicuramente non avrebbe potuto vedere quei lunghi tratti neri.
Abbracciò il suo cane. L'unico mezzo per potersi spostare con sicurezza. Lo accarezzò per molto tempo e poi decise che il momento di fingere era finito. Mi prese la mano e mi chiese di sposarlo.

martedì 27 gennaio 2009

...

E salteremo da un fiore all'altro guardando le persone normali da lontano. La testa leggera volerà tra le nuvole. Perchè non mi guardi negli occhi, voglio mischiarti tutta la voglia di volare che c'è. E faremo le cose di nascosto, lontano da tutto, useremo le monetine solo per scegliere se darci un bacio o no. e imbroglieremo per darci un bacio, sia che esca testa, sia che esca croce. Perchè ti sdraierai tra i petali e tutto l'amore che c'è lo custodirai nei tuoi sogni. E le farfalle guarderanno i tuoi occhi per invidiarne il colore. Leggera. Staccheremo i petali su cui hai dormito e ne faremo delle ali, per volare sul mare, tra una nazione e l'altra, senza capirne la differenza. E ogni battito di ali mi darai una carezza sulla guancia. E sorrideremo. Sussurrando la più dolce ninna nanna nelle orecchie di tutti. E diventeremo piccolissimi per sederci sulle note che volano da una testa all'altra delle persone. Non smetteremo mai di stringerci e di abbracciarci. Vieni a vivere nella mia chitarra, sino a quando il sole non riscalderà le mie mani e potrò tornare a suonare per te. Com'è possibile che non sei qui vicino a me ora? E mi regalerai tutti i cappelli più strani del mondo e io li indosserò passeggiando per la città e nessuno ci capirà. E non voglio che il mondo sia mio, e non voglio niente di niente che separi la mia mano dalla tua. E com'è possibile che non sei vicino a me?

lunedì 26 gennaio 2009

C'è questo di normale

C'è questo di normale. Ragazzi che si fanno sulle panchine e dopo mezz'ora strafatti guardano le stelle in pieno giorno. C'è questo. Persone che parlano con tutti, per far finta di non sentirsi sole.
Gruppi di cani randagi. Musei da guardare, senza opere d'arte all'interno. C'è solo questo di normale. Ragazze violentate per ore intere, che vanno in televisione a raccontare la loro esperienza, piangendo un po, e godendo un po' per la loro fama. Disperati che raccontano le loro esperienze di vita, bravi come attori da oscar, nelle trasmissioni pomeridiane. Ragazze violentate che hanno paura anche di denunciarlo e che in televisione non ci vanno, perchè il loro dolore non è commerciale. Questo è diventato normale, da queste parti. Restituire i soldi a chi costruisce grattacieli lungo l'orizzonte di questa città. È sempre tutto normale. “ragazzi volete firmare contro la droga?” e perchè mai dovremmo fare tutta questa autocritica. Tutto questo è normale. Come abbandonare i vecchi. Come farsi investare dai fantasmi e perdere ogni contatto con il sangue che ti cola nelle vene, lento. E a volte non ha nemmeno più tanta voglia di scorrere. È tutto normale.
Dépliant in carta lucida, che parla di come impedire la deforestazione, accartocciato, per terra.
Diventa tutto normale, solo perchè ormai c'è. Solo perchè ormai siamo sfruttati, sottopagati, frustrati e disgregati, sottomessi, derubati, declassati, dimagriti, derisi, repressi calpestati e odiati.
E non sei più qui. Sei un po' più lontano. Quando tutto crolla perchè hai per la prima volta delle certezze e non sai nemmeno poi tanto cosa fartene. Quando hai una verità, pronta da servire, ma ormai è fredda e non ci credi più tanto nemmeno tu. Quando tutto ti cambia dentro e fuori sei ancora vecchio. Tutto diventa normale. Tutto cambia e passa dal normale al normale.
Come quando vedi persone, come te, che dormono negli angoli di uno dei più grossi monumenti di Roma. Fa freddo e piove. Ma tanto è tutto normale quello che c'è. Angoli di terra ricoperti dai rifiuti. E abbiamo smesso di parlare di banalità del male, perchè era troppo difficile guardare e capire di cosa siamo veramente capaci, senza fare nemmeno il minimo sforzo. Siamo capaci di tutta la normalità possibile. Perchè tutto il male, non è fuori dalla nostra portata, ma è tra le nostre mani.

sabato 24 gennaio 2009

Con gli occhi azzurri

Con gli occhi azzurri, sul terreno. Raccogli le foglie morte, gli alberi nascenti. Raccogli le goccie di pioggia cadute dai tuoi occhi. Dalle tue stesse mani che strizzano i tuoi desideri. Con gli occhi azzurri mi guardi come se fossi apparso dal nulla, nella tua testa, inaspettatamente. Dici che non hai il coraggio di dire niente. Giochi con le corde, con le funi, come una burattinaia muovi i miei desideri. Ti stringo la mano, per non farti sentire freddo. Vorrei legare ai tuoi polsi dei palloncini per farti volare leggera, ma li stiamo ancora gonfiando e non andresti molto lontano da dove sei già.
Con gli occhi azzurri, con le mani immerse nel mare, lasci sciogliere il terreno raccolto, per farlo diventare sabbia. Per farlo diventare il fondale di un oceano. Non c'è quasi più niente da strizzare. Sei immersa nell'acqua sino alle tue voglie più nascoste. E prendi delle assi di legno, per costruirmi una casa sicura, dalla quale non si possa mai andare via. È tutto quello che ti ho sempre chiesto. Ma non hai mai trovato il legno adatto. E ora provi a costruirla usando il mare come pavimento. Il terreno che hai lasciato sciogliere nell'acqua come fondamenta. E potremo galleggiare tra i nostri sogni ancora per tutta la vita o affogare tra la razionalità. Intanto continuiamo a soffiare in quei palloncini, sino a quando ci va, sino a quando abbiamo fiato nel cuore.

giovedì 22 gennaio 2009

Corpi immobili

Guarderei il tuo corpo nudo. Per vedere la vita che segni ti ha lasciato sulla pelle. Lo guarderei per ore, come se fossi una foto. Eterna, sino a quando non sbiadisce tra le mani. E con le lacrime negli occhi, e il mio cervello deragliato da ogni idea di te. Penserò solo a noi. A come possiamo morire, senza un motivo, come se per morire ci volesse un motivo. A come possiamo sentirci fuori da questo mondo, che non ci è mai servito. A come possiamo sentirci parte di qualcosa che non è mai esistito. Come se tutto quello che provo per te e tutto quello che mi dai, fosse più importante di un fiume che scorre, solo perchè è un po' più vivo. Come se tutto questo contasse davvero, io ti guardo, in quella foto, guardo i segni della tristezza sul tuo viso, ancora giovane, guardo i segni delle mani che hanno toccato quei fianchi, guardo te. Come se avessi ricoperto le tue idee di pelle e le avessi messe in questa foto. Il tuo corpo, più di ogni altra cosa, è l'unica cosa che hai, e che puoi veramente regalare. Come se esistesse altro oltre a quel contenitore pieno di sangue che scorre, dici di amarmi. Come se davvero potessi crederti, mi dici: ti mando un'altra foto, così puoi guardare anche la mia schiena. E ancora una volta, mi regali tutto ciò che hai, attraverso il tuo corpo.

sabato 10 gennaio 2009

C'è solo questo

Ondeggiavi nell'aria come sospeso dal vento. Ti ho visto cadere. Piovevi. Ballando di qua e di la, sembrava non dovessi toccare mai terra, come se fossi una piuma sorretta dal vento. Ti ho visto. E ho visto una bottiglia avere il tuo stesso destino. E non chiedersi perchè. E anche i libri cadevano con te. Sorretti anche loro da piccoli fili invisibili che li facevano dondolare a destra e a sinistra senza forza. Cadevano con te. Pagine scritte a matita, piccoli anelli d'argento con scritti tutti i nomi esistenti, manuali su come inventarsi l'aldilà. Parole scritte su tappi di sughero. Era un precipitare soffice. Quasi un colare giù. Ho sentito anche il rumore del vento. Il vento è silenzioso. Precipitava anche lui. E non si chiedeva perchè. Non ci sono perchè. Cadevano anche gli animali. Tavoli, sedie, musica, teatri, anche l'eternità precipitava. E non c'è nessun perchè. È come se da sempre fossimo sempre stati tutti morti. E non c'è errore. Non c'è giustizia. È questo. C'è solo questo. Fallo.
Schianto.

Ossa
desideri
altre volontà da realizzare post mortem
tutti i misteri
li guardi nella fossa
e cosa hai seguito
ti senti un animale progredito
ci sono solo cadaveri
stà a te la prossima mossa
Fallo.
C'è solo questo
e tutto intorno è buio pesto

domenica 4 gennaio 2009

Samo

Same Old Shit. Niente di più. Un angelo con l'aureola spenta. Illumina di niente il tutto che lo circonda, ha le ali spezzate e bruciate. Un angelo senza ali che ci guarda alla stessa altezza. Niente di più. Una stampa di un tuo ritratto ossidata dal piscio di Warhol, per prendere per il culo te, lui e Pollok. Niente di più. Una pistola di cartone azzurra puntata alla testa. Un muro e una bomboletta. Un libro di gray's anatomy in un letto di ospedale che ti cambia la vita. Uomini fatti d'ossa. Colori affilati e temperati, quasi li avesse dovuti usare in guerra. E forse era proprio una guerra. E ancora uomini su altri uomini a gattoni, quasi fossimo tutti animali, non molto diversi da quelli che cavalchiamo, non molto diversi da quelli che mangiamo. La monna lisa sfatta. I suoi capelli tagliati da un pennello marrone. I suoi guantoni incrociati, in segno di difesa. I suoi capelli neri. La sua pelle nera. I suoi occhi neri. La sua anima che scappa dal nero e vaga per il mondo. Una c cerchiata sui muri della città, per mettere in crisi il concetto di proprietà privata. La sua ricchezza cercata e odiata. Voluta e dissipata. La sua morte immediata. Perchè tanto lo sapevi sin da piccolo: Same old Shit.